Al momento stai visualizzando Il proprietario del veicolo non è deve comunicare i dati del conducente finché pende il ricorso

Il proprietario del veicolo non è deve comunicare i dati del conducente finché pende il ricorso

Cass. Civile Sent. Sez. 2 Num. 3022 Anno 2024

Fondata è la censura, che fa leva sull’art. 126-bis co. 2 c.d.s., ove si dispone che l’organo accertatore debba comunicare la perdita di pun-teggio all’anagrafe nazionale solo dopo il pagamento della sanzione amministrativa oppure dopo la definizione dei procedimenti sulla vali-dità della contestazione presupposta (oppure ancora dopo la scadenza dei termini per la proposizione dei correlativi ricorsi). Ciò implica che, indipendentemente dall’invito al proprietario a comunicare le generalità del conducente, ove la contestazione presupposta venga tratta ad og-getto di opposizione e il procedimento si definisca con l’annullamento, non si dà perdita di punteggio, né si deve dare quindi sanzione per la mancata comunicazione dei dati personali relativi al conducente.

È da dare pertanto continuità all’indirizzo espresso da Cass. 24012/2022 (già richiamata dalla interlocutoria n. 22874/2023), se-condo la quale la violazione ex art. 126-bis co. 2 c.d.s. si può dare soltanto quando siano definiti i procedimenti giurisdizionali o ammini-strativi avverso il verbale di accertamento dell’infrazione presupposta. In caso di esito dei menzionati procedimenti sfavorevole per il ricor-rente, l’organo di polizia è tenuto ad emettere una nuova richiesta, dalla cui comunicazione decorre il termine di sessanta giorni ex art. 126-bis co. 2 c.d.s.; mentre in caso di esito favorevole (con annulla-mento del verbale di accertamento), viene meno il presupposto della violazione de qua.

Fatti di causa

Ricorrente proponeva dinanzi al Giudice di pace di Ancona nei confronti del Comune di  opposizione a sanzione amministrativa per violazione dell’art. 126-bis co. 2 ultima parte c.d.s. (codice della strada), a lei irrogata poiché in qualità di proprietaria del veicolo non ottemperava all’invito di fornire informazioni sul conducente del veicolo responsabile di violazione al c.d.s. per la quale è prevista la decurtazione di punti della patente. Accolta in primo grado, l’opposizione è stata rigettata in appello.

Ricorre in cassazione la parte privata con quattro motivi, illustrati da memorie. Resiste la pubblica amministrazione con controricorso. L’interlocutoria 22874/2023 ha rimesso la trattazione del ricorso all’udienza pubblica.

Ragioni della decisione

1. – Con il primo motivo (p. 11 ss.), la proprietaria del veicolo denuncia l’omessa pronuncia sulla eccezione di illegittimità della sanzione irrogata per omessa comunicazione dei dati identificativi del conducente. L’eccezione viene argomentata sulla base dell’invalidità della contestazione dell’infrazione presupposta. Infatti, quest’ultima era stata tratta ad oggetto di opposizione al Prefetto ex art. 203 c.d.s. Questi non aveva adottato l’ordinanza-ingiunzione e quindi l’opposizione era da intendersi accolta ex art. 204 co. 1 bis c.d.s. In sede di appello la ricorrente censurava che tale eccezione era stata considerata invalida in quanto generica. Si deduce violazione degli artt. 112, 113, 115 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 126-bis c.d.s., nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, anche in relazione agli artt. 111 co. 6 cost. e 132 co. 2 n. 4 c.p.c.

Il secondo motivo (p. 21 ss.) censura l’accertamento che la parte privata non abbia provato di aver adottato ogni misura idonea ed esigibile a garantire l’adempimento del dovere di conoscere e di ricordare l’identità del conducente. Si deduce la violazione dell’art. 3 l. 89/2001, dell’art. 126 c.d.s., omesso esame di fatti decisivi, violazione degli artt. 111 co. 6 cost. e 132 co. 2 n. 4 c.p.c.  La parte censurata della sentenza è la seguente: «L’opponente non ha provato di aver adottato ogni misura idonea ed esigibile secondo criteri di ordinaria diligenza a garantire la concreta osservanza del dovere di conoscere e di ricordare nel tempo l’identità di chi si avvicendi alla guida del veicolo, come ad esempio autorizzare alla guida soltanto uno dei suoi figli o verificare, al momento della riconsegna dell’auto, chi l’avesse condotta, conservando poi memoria di tale dato, al fine adempiere ai futuri ed eventuali obblighi di legge (quale appunto quello di comunicare le generalità del conducente in caso di accertata infrazione); né ha dimostrato di aver impiegato l’ordinaria diligenza nel ricostruire, a posteriori, con la collaborazione del proprio nucleo familiare, chi fosse alla guida al momento dell’infrazione. Ed infatti, gli interessati sostengono di non essere in grado di ricordare chi fosse il conducente, dato il tempo trascorso e per il fatto di essersi alternati alla guida […]. Tuttavia, dagli atti di causa risulta che l’infrazione all’art. 142 c.d.s. sia avvenuta immediatamente dopo l’affidamento dell’autovettura ai figli e che al momento della partenza alla guida dell’autovettura si trovava il figlio R1». La ricorrente denuncia di aver dichiarato invece che la partenza dall’abitazione è avvenuta circa un’ora e mezzo prima della constatazione dell’infrazione e che in quel momento alla guida c’era il figlio R2, mentre i figli hanno ammesso di essersi poi alternati alla guida, senza ricordare se ciò sia avvenuto prima o dopo l’accertamento dell’infrazione. Fa valere la sussistenza del giustificato e documentato motivo che l’art. 126-bis c.d.s. prevede come esimente dall’obbligo di comunicare i dati del conducente.

Il terzo motivo (p. 32 ss.) denuncia la mancata ammissione delle prove testimoniali (dei figli), di cui si riportano i capitoli, dirette a provare la diligenza dell’opponente nel reperire l’informazione sul conducente al momento dell’infrazione. Si deduce violazione degli artt. 112, 113, 126 bis c.d.s., dell’art. 3 l. 689/1981, nonché omesso esame circa un fatto decisivo anche in relazione agli artt. 111 co. 6 cost. e 132 co. 2 n. 4 c.p.c.

Il quarto motivo (p. 34 ss.) denuncia che la parte privata è stata condannata a rifondere le spese di giudizio del primo grado, liquidate in € 500 per compensi di avvocato, mentre la pubblica amministrazione era costituita con funzionari non aventi tale qualifica, per cui essa non può ottenere la condanna dell’opponente alla corresponsione di tali compensi. In ogni caso, essi non potrebbero superare ex art. 82 ult. co. c.p.c. il valore della causa (che nella specie è di € 300). Si deduce violazione degli artt. 82, 91 c.p.c. e 7 co. 8 d.lgs. 150/11, omesso esame circa un fatto decisivo, anche in relazione agli artt. 111 co. 6 cost. e 132 co. 2 n. 4 c.p.c. Si invoca corte cost. 427/2008 e Cass. 8413/2016.

2.1. – Fondato è il primo motivo.

 Nella parte della sentenza censurata da tale motivo, il giudice di appello rileva che, in via di appello incidentale, la parte privata ha lamentato l’omessa pronuncia sull’eccezione di illegittimità della sanzione irrogata per omessa comunicazione dei dati relativi al conducente, eccezione argomentata sull’invalidità della contestazione dell’infrazione presupposta. Osserva poi che l’oggetto del giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, rivolto al provvedimento sanzionatorio, esclude che il giudice possa rilevare d’ufficio eccezioni relative a vizi del provvedimento o del procedimento che ne hanno preceduto l’emanazione, salvo che essi incidano sull’esistenza del provvedimento sanzionatorio medesimo. L’oggetto del giudizio è delimitato dalla causa petendi fatta valere con l’opposizione e dal divieto per la p.a. di allegare motivi diversi da quelli indicati nell’ordinanza-ingiunzione (si rinvia a Cass. 1921/2019). Nel caso di specie, l’unico motivo specifico di opposizione concerne l’impossibilità di indicare il nome del conducente poiché la proprietaria aveva affidato il veicolo ai suoi due figli che si erano alternati alla guida, mentre il riferimento (a p. 2 del ricorso in opposizione) al fatto che «il verbale opposto è illegittimo, oltre che per illegittimità del prodromico verbale […], anche per i seguenti motivi […]» non è considerato idoneo a introdurre un ulteriore motivo di opposizione, poiché manca l’allegazione dei fatti determinanti l’illegittimità del provvedimento presupposto. Tali fatti sono stati allegati soltanto in grado di appello e pertanto sono estranei all’oggetto del giudizio di primo grado (né infatti la p.a. si era difesa sul punto). Non vi è quindi alcuna omessa pronuncia, conclude il giudice di appello.

2.2. – La censura è argomentata nei termini seguenti. Stante l’autonomia dei due verbali di contestazione di infrazione al c.d.s., nulla di più avrebbe potuto eccepire l’opponente, oltre all’illegittimità del verbale presupposto (poiché l’opposizione dinanzi al Prefetto era da intendersi accolta per mancata emanazione tempestiva dell’ordinanza-ingiunzione). Infatti, nell’ambito dell’opposizione avverso la sanzione per omessa comunicazione non sarebbe stato ammissibile discorrere dei motivi di invalidità della contestazione dell’infrazione presupposta. Inoltre, al momento (7/3/2016) della proposizione dell’opposizione dinanzi al Giudice di pace non era ancora scaduto il termine perentorio ex art. 204 co. 1 e 1-bis c.d.s. a disposizione del Prefetto per emanare l’ordinanza-ingiunzione. Il termine sarebbe scaduto il 23/7/206, come fu allegato all’udienza tenutasi il giorno prima, cosicché ci si trova dinanzi ad un fatto sopravvenuto, quindi deducibile anche in secondo grado, come è accaduto nel caso di specie con la proposizione dell’appello incidentale.

2.3. – Attraverso la denuncia di omessa pronuncia su eccezione e di omesso esame circa fatto decisivo, il primo motivo intende così indurre a rimeditare in via mediata l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il termine entro cui il proprietario del veicolo è tenuto a comunicare i dati relativi al conducente non decorre dalla definizione dell’opposizione avverso il verbale di accertamento dell’infrazione presupposta, ma dalla richiesta rivolta al proprietario dall’organo di polizia, senza che quest’ultimo sia tenuto ad attendere l’esito dell’opposizione, cosicché l’annullamento della contestazione dell’infrazione presupposta non escluderebbe la sanzione per omessa comunicazione dei dati relativi al conducente, poiché tale sanzione retribuisce autonomamente la violazione dell’obbligo di collaborazione nell’accertamento degli autori degli illeciti stradali (così, Cass. 22881/2010).

Fondata è la censura, che fa leva sull’art. 126-bis co. 2 c.d.s., ove si dispone che l’organo accertatore debba comunicare la perdita di punteggio all’anagrafe nazionale solo dopo il pagamento della sanzione amministrativa oppure dopo la definizione dei procedimenti sulla validità della contestazione presupposta (oppure ancora dopo la scadenza dei termini per la proposizione dei correlativi ricorsi). Ciò implica che, indipendentemente dall’invito al proprietario a comunicare le generalità del conducente, ove la contestazione presupposta venga tratta ad oggetto di opposizione e il procedimento si definisca con l’annullamento, non si dà perdita di punteggio, né si deve dare quindi sanzione per la mancata comunicazione dei dati personali relativi al conducente. Infatti, non si può retribuire la violazione dell’obbligo di collaborazione nell’accertamento dell’autore dell’illecito stradale, se non sussiste più quest’ultimo. È da dare pertanto continuità all’indirizzo espresso da Cass. 24012/2022 (già richiamata dalla interlocutoria n. 22874/2023), secondo la quale la violazione ex art. 126-bis co. 2 c.d.s. si può dare soltanto quando siano definiti i procedimenti giurisdizionali o amministrativi avverso il verbale di accertamento dell’infrazione presupposta. In caso di esito dei menzionati procedimenti sfavorevole per il ricorrente, l’organo di polizia è tenuto ad emettere una nuova richiesta, dalla cui comunicazione decorre il termine di sessanta giorni ex art. 126-bis co. 2 c.d.s.; mentre in caso di esito favorevole (con annullamento del verbale di accertamento), viene meno il presupposto della violazione de qua.

3. – Accolto il primo motivo, sono da dichiarare assorbiti i restanti motivi, è da cassare la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, è da accogliere l’opposizione, mentre la situazione di incertezza giurisprudenziale giustifica la compensazione delle spese dell’intero processo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’opposizione, annullando la sanzione irrogata; compensa integralmente le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 9/1/2024.